Anche la voce del gruppo emmanuele sul settimanale della diocesi di Padova

22 gennaio 2016
da La Difesa del Popolo, luca bortoli

l'icona dell'Emmanuele

Dai gay cattolici si a unioni e adozioni

Omosessuali e cattolici. Si tratta di una ventina di padovani che da anni fanno parte del gruppo Emmanuele. Si riuniscono ogni mese in una parrocchia del capoluogo euganeo per condividere una serie di incontri che seguono l’anno liturgico, specie nei tempi forti. Nei giorni in cui sul ddl Cirinnà gli unici ad aver avanzato dei distinguo sembrano proprio i cattolici in parlamento, la loro attenzione è particolarmente alta e le loro posizioni nette. “Se ora escludiamo la stepchild adoption dalla discussione in atto temiamo che non sarà più ripresa – dicono due portavoce del gruppo – Si tratta di rispettare i diritti dei minori”. In Italia si parla di 100 mila bambini figli di omoaffettivi. “Poniamo il caso di un bambino vissuto in una famiglia d’amore (omosessuale, ndr) come capita in molti casi: che cosa succederebbe se il genitore biologico venisse a mancare? Questo bambino verrebbe sradicato o rimarrebbe a vivere con la persona che lo ha cresciuto senza un riconoscimento di legge”.

I giuristi tuttavia indicano nella famiglie composta da papà e mamma il vero diritto del bambino. “Purtroppo basta guardarsi attorno per vedere come nelle famiglie eterosessuali spesso i figli diventino arma di ricatto di mogli verso mariti e viceversa specie in caso di separazione o divorzio. Per capire l’effetto sull’educazione dei bimbi – continuano – ci vorranno anni di studi, di certo le famiglie d’amore sono perfettamente in grado di garantire l’amore, la cosa più importante”.

Il ddl Cirinnà dunque per i rappresentanti del gruppo Emmanuele è solamente un passo avanti. “Nell’Unione europea – concludono – in 12 paesi esiste matrimonio tra omoaffettivi, in altri otto ci sono le unioni civili. Ormai solo le repubbliche ex sovietiche e l’Italia non hanno legiferato in merito. Dopo le discussioni sui “pacs”, i “dico” è il momento di agire. E il timore di aprire all’utero in affitto è del tutto ideologico: nel 98 per cento dei casi sono le coppie eterosessuali a ricorrervi.