Papà, mamma e…? Gender, la filosofa italiana più amata all’estero sostiene in un libro l’educazione alla differenza

5 novembre 2015
da www.huffingtonpost.it, giuseppe fantasia

MICHELA-MARZANO

Il diverso ha fatto e – purtroppo – continua a fare paura, perché costringe a mettersi in discussione e a rivedere le proprie certezze. Non si vogliono accettare che possano esistere dei dubbi e delle fragilità, si ha paura di perdere la propria identità, ma se si continua a pensare tutto questo e a non reagire, si rischia di fare un torto all’estrema vulnerabilità della condizione umana. Se è vero che in Italia, oggi, le discriminazioni e la violenza contro le donne e le persone omosessuali e transessuali sono condannate, è anche vero però che ci sono ancora molti problemi e pregiudizi da abbattere quando si discute dei mezzi per combattere questi mali. Al centro del dibattito c’è quella che è chiamata la “teoria del gender”, ed è quel termine inglese – e tutto ciò che esso comporta – a dare fastidio a molti: significa “genere”, ma negli ultimi tempi, la parola rinvia genericamente all’insieme di studi sul genere, senza distinzione tra le varie posizioni.
Lo stesso Papa Francesco, nel corso di un’udienza dell’aprile scorso dedicata alla complementarietà tra uomo e donna, si chiedeva se la teoria del gender non fosse anche espressione “di una frustrazione e di una rassegnazione che mira a cancellare la differenza perché non sa più confrontarsi con essa”, parole – le sue – con cui ha legittimato indirettamente l’ostilità nei confronti del gender.
Ma cosa è veramente questa teoria ed esiste davvero un’ideologia gender? Uomini e donne si nasce o di diventa? È giusto che nelle scuole si parli di sesso, di identità di genere e di orientamento sessuale? Domande che si è chiesta la filosofa e scrittrice Michela Marzano alle quali ha cercato di dare una risposta nel suo nuovo libro, “Papà, Mamma e Gender”, appena pubblicato da Utet. Una guida, precisa e dettagliata per chiunque voglia saperne di più sull’argomento, un libro che si dovrebbe far leggere nelle scuole, perché educare alla differenza sin da quando si è piccoli, è importante e fondamentale.
L’autrice – che da anni vive a Parigi, dove è professore ordinario all’Université Paris Decartes – è partita dall’analisi di due video delle associazioni ProVita e Manif Pour Tous Italia, che dopo essere stati diffusi su vari social network, sono diventati virali fra i genitori italiani. In quello di ProVita, ad esempio, c’è un bimbo che torna a casa sconvolto perché “a scuola – dice la mamma – hanno fatto una lezione di educazione sessuale basata sulla teoria gender”
In quello dell’Associazione Manif Pour Tous Italia viene sottolineato che così facendo “si è creato il problema dell’identità” e che non vogliono “una scuola che confonda i bambini”, ma che gli stessi ” imparino a leggere, a scrivere, e a contare”, concludendo di lasciare che “le ragazze siano ragazze e che i ragazzi siano ragazzi”
La Marzano ritiene che in quei tre minuti “si mischia ancora una volta tutto e questo sì che crea confusione”.
“Si passa allegramente dalla differenza sessuale a quella di genere, dall’identità personale al ruolo che si riveste all’interno delle famiglie, fino alla conclusione secondo la quale, oramai, si insegnerebbe solo l’indifferenziazione e il ‘tutto si equivale'”.
La frattura, nel nostro Paese – ci fa notare – è totale: “Da un lato, ci sono coloro che sono convinti “che si stia portando avanti un progetto di indottrinamento dei più piccoli volto a scardinare i valori della famiglia e a banalizzare qualunque comportamento sessuale”. Dall’altro, ci sono coloro che ritengono “che sia necessario promuovere nelle scuole non solo la cultura del rispetto e del dialogo, ma anche una reale educazione all’accettazione delle differenze e al rifiuto delle discriminazioni”. Quella che si combatte quotidianamente, è “un’inutile guerra ideologica in cui già oggi nessuno ascolta più nessuno”. Lo ribadisce in questo libro, scritto per cercare di smontare le interpretazioni più fantasiose che circondano oggi la ideologia gender, e “nominare in maniera corretta le cose, un modo per tentare di far diminuire la sofferenza e il disordine che ci sono nel mondo” come diceva Albert Camus. Senza mai rinnegare le sue radici cattoliche, con quello stile inconfondibile in cui solo lei riesce ad unire la semplicità e la chiarezza, ci spiega la genesi e le implicazioni dell’idea di gender, decostruendone le letture spesso fantasiose che ne danno molti.
Tra le cose da fare, ad esempio, ci invita ad ascoltare le persone transessuali per capire quanta sofferenza c’è nella vita di chi, fin dalla più tenera età, “sente in maniera profonda e permanente che c’è qualcosa che non va, qualcosa che non torna, qualcosa andato storto. Sono prigionieri di un corpo sbagliato, perché dentro di loro sono ragazze, si sentono così”. Si ritrovano in un corpo che non corrisponde a quello che provano dentro e “soffrono a causa di un divario profondo tra ‘identità psicologica e sesso anatomico, tra soma e psiche”. Non si sentono a loro agio in quell’essere uomini o donne in cui la società li identifica e definisce, e quello che desiderano, “è solo rimettere a posto le cose”, ritrovando così una certa armonia con loro stessi.
Le persone transessuali – spiega – non si devono però confondere con le persone transgender che, a differenza delle prime, rivendicano il diritto di vivere senza, o fuori da, le categorie di genere che la nostra società cerca di rendere vincolanti e universali, come ha scritto Pat Califia. La cultura trangender rifiuta l’idea di passaggio: la transizione da lui a lei o da lei a lui sarebbe solo la prova di un assoggettamento ai discorsi e alle pratiche che cercano di normalizzare l’esistenza assegnandole un’identità specifica. “La persona transgender sfugge a ogni ambito sociale, a ogni dispositivo istituzionale, persino al linguaggio. Transgender è uomo e donna, né uomo né donna”. La grande paura, per molti, è proprio l’omosessualità, rifiutata, da nascondere, “da tenere lontana”, è per loro un tabù che fa paura, ma bisogna partire da questo presupposto, e cioè che l’amore non ha né sesso né genere e non si dovrebbe gerarchizzarlo in base all’orientamento sessuale. Tutti gli attacchi che ci sono vengono principalmente da chi ha una visione semplicista del mondo, ma le varie sfumature della vita non possono che essere prese in considerazione che nella sua complessità.
“Papà, Mamma e gender” è un libro necessario, un tentativo coraggioso per riaprire un dialogo ed evitare discriminazioni, uno strumento – lo ribadiamo – di cui tutti dovrebbero fare buon uso per evitare di continuare a incappare in errori e confusioni. Molto utile (anche se viene definito cos’è il coming out, ma non si parla nè si definisce l’outing), è il pratico glossario alla fine con tutti i termini legati alla sessualità nelle sue varie forme. Leggerlo, vi migliorerà. Lo speriamo in molti.